L’analisi psicologica è stata da sempre una mia passione.

La  mia passione, tuttavia, non mi consente di percepire immediatamente qualcosa di preoccupante perché niente mi sembra abbastanza strano e… niente mi sembra abbastanza normale.

Ed è per questo che sono una calamita per i problematici.

Probabilmente come professionista psicologa sarei stata un gran fallimento in quanto non avrei incasellato nessuno dentro il “tipo” psicologico.

Alcune delle mie relazioni, d’amicizia, d’amore o di altro tipo, sono state, inconsapevolmente, relazioni con un paziente.

Normalmente i miei “pazienti” si accorgono che io sono il loro analista prima che io capisca di esserlo, e abbassano il loro muro difensivo. 

Non posso dire di aver mai “curato” qualcuno, anche perché non saprei farlo, ma certo ho aiutato alcune persone ad accettarsi.

Ultimamente, però, sto perdendo lo smalto.

Ho infatti conosciuto una persona problematica che, non solo alza davanti a me un muro impenetrabile, ma mi attacca in continuazione. Ho cercato in mille modi di capirla, conquistare la sua fiducia, ma ogni tentativo aumenta la sua diffidenza. 

Vede del male in tutto quel che dico o faccio, ma il male è negli occhi di chi lo vede e nella mente di chi lo pensa.

Vede in me una furbizia che non ho, ma la furbizia la riconosce il furbo. 

Penso che le consiglierò di cambiare analista.

Due donne parlano, paziente e analista, una seduta alla sedia alla scrivania, l'altra seduta su una poltrona

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