C’è un sensibile e crescente aumento degli irresponsabili.
Si tratta di persone, formalmente considerate responsabili per ruolo, che consumano le loro giornate a cercare capri espiatori o scappatoie per non decidere.
E se questo trend si limitasse alle aziende, per quanto disdicevole, sarebbe un problema isolabile e risolvibile.
Appare chiaro invece che la catena di comando, che arriva fino ai capi di Stato, abbia imparato a gestire un costante “scarica barile”.
Quei pochi temerari che continuano a decidere vengono subissati dalle critiche e messi alla gogna, scoraggiando i futuri temerari.
La cosa peggiore è che, in questo gioco al rinvio o allo schivare del tutto le decisioni, gli unici soggetti esposti sono gli operativi.
Gli operativi infatti non possono non fare: la catena di irresponsabili sovrastante preme perché l’operativo produca un prodotto, intellettuale o materiale.
L’operativo produce, ma non ha un responsabile con cui confrontarsi e, se vuole evitare lo stallo dell’attività, la decisione finale spetta a lui.
E sebbene dal punto di vista della gerarchia non risponderà ufficialmente dell’errore, sarà addebitabile a lui l’errore in sé.
Il risultato è che siamo circondati da persone ben pagate per non fare nulla, nella migliore delle ipotesi, con una sostanziale immunità.
La vecchia scuola del “solo chi fa sbaglia” è stata sostituita dal “chi sbaglia paga da solo”.
Il risultato è, anche tra gli operativi, nessuno spirito di squadra e “si salvi chi può”.