Un ritratto impietoso del mio sud ne “I basilischi” della Wertmüller.

Un sud che riesco ancora a ricordare, nonostante sia nata a ridosso del nuovo millennio.

E, se riesco a ricordarlo, vuol dire che certe arretratezze sono ancora troppo vicine nel tempo.

Ne “I basilischi” i ragazzi lamentano che i genitori tengano le ragazze chiuse in casa, senza rendersi conto di essere la causa di questa clausura.

Le donne che non rispettano questa clausura, o che osano parlare con gli uomini, vengono denigrate dagli stessi ragazzi che le cercano.

La violenza sessuale e il conseguente matrimonio riparatore, per una donna povera, è un vantaggio che le “è convenuto”.

Il ceto sociale serve a distinguere poveri, meno poveri e borghesotti, e le tre categorie sono attente a non “mischiarsi” tra loro, ognuna gelosa della propria “dignità di rango”.

Ed infine l’immomibilismo imprenditoriale, politico, sociale e civile, che permette di parlare, anche troppo, ma non di agire.

Un uomo e una donna nascosti dietro un muro per non farsi vedere mentre parlano in una scena del film "I basilischi"

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